Chiara Ferragni in Tribunale: la richiesta dell’accusa è tremenda

Tra carte, post e confezioni, un processo mette a fuoco i limiti della pubblicità “buona”. Cosa resta quando il messaggio esce dallo schermo ed entra in tribunale?

Arriva la stangata per Chiara Ferragni. L’imprenditrice digitale ha assistito all’udienza nell’ambito del processo per truffa aggravata che la vede tra gli imputati. Il procuratore aggiunto Eugenio Fusco e il pubblico ministero Cristian Barilli hanno chiesto una condanna a un anno e otto mesi per l’influencer. La sentenza è prevista per il prossimo 14 gennaio.

Chiara Ferragni all'esterno del tribunale di MIlano per il processo a suo carico
Chiara Ferragni in Tribunale: le accuse e cosa rischia la Blonde Salad (AnsaFoto) – anonimoitaliano.it

Questa mattina l’ingresso del palazzo di giustizia di Milano aveva il ritmo delle occasioni importanti. Al centro del procedimento c’è l’influencer che per anni è stata un riferimento per il mondo dei social. La contestazione è di truffa aggravata “dall’uso del mezzo informatico”, in relazione a due iniziative commerciali: il Pandoro Balocco “Pink Christmas” e una promozione legata a uova di Pasqua.

Secondo la ricostruzione della Procura di Milano, i messaggi pubblicitari avrebbero indotto i consumatori a credere che l’acquisto generasse un contributo diretto a finalità di beneficenza. La difesa contesta questa lettura e rivendica la correttezza delle informazioni fornite. Al momento non esiste una sentenza; vige la presunzione di innocenza.

La reazione dell’opinione pubblica al caso Chiara Ferragni

L’indagine penale si innesta su un terreno già noto all’opinione pubblica. L’Autorità Antitrust (AGCM, agcm.it) ha sanzionato soggetti coinvolti per pratica commerciale scorretta; i ricorsi amministrativi seguono il loro corso. La dimensione penale è altra cosa, con standard probatori più elevati e regole diverse. È importante tenerlo a mente per evitare scorciatoie narrative.

Chiara Ferragni all'esterno del tribunale di MIlano risponde alle domande dei giornalisti
La reazione dell’opinione pubblica al caso Chiara Ferragni (AnsaFoto) – anonimoitaliano.it

Cosa c’è in gioco, al di là del caso specifico? Un principio semplice: se una campagna parla di solidarietà, il consumatore deve capire con chiarezza “quanto, come, quando”. Un esempio concreto che vedo spesso nelle carte è questo: una confezione richiama un progetto benefico, ma in piccolo specifica che la donazione è “forfettaria e già effettuata”.

La grafica, il copy, il timing dei post possono cambiare la percezione. Le linee guida dello IAP sull’influencer marketing (iap.it) e le indicazioni dell’AGCM aiutano a evitare zone grigie. Vale per tutti: creator, brand, agenzie.

Dati puntuali su importi e flussi delle singole operazioni non sono tutti pubblici in atti accessibili; dove mancano documenti verificabili, è corretto sospendere il giudizio. È invece verificabile che la vicenda “pandoro” ha prodotto donazioni aggiuntive annunciate pubblicamente e un ampio dibattito su trasparenza e responsabilità.

C’è un ultimo aspetto, più culturale che legale. I creator non vendono solo prodotti: vendono fiducia. E la fiducia, una volta incrinata, non si ripara con una grafica o un reel ben riuscito. Che si tratti di campagne promozionali natalizie o di dolci pasquali, forse la domanda da tenere in tasca è questa: mi stanno chiedendo di comprare qualcosa, o di credere in qualcuno?

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